Separazione: il trasferimento di residenza del minore insieme al genitore collocatario, quando è possibile?
Il diritto di ciascun individuo di trasferire la propria residenza dove meglio creda, è un diritto fondamentale riconosciuto costituzionalmente (Cost. art.16).
Ma quando si è genitori separati, l’esercizio di tale diritto può sicuramente subire delle limitazioni in favore del preminente interesse dei figli che hanno diritto di mantenere dei rapporti stabili e continuativi con entrambi i genitori e di vivere nel luogo che rappresenta maggiormente il loro centro di interessi affettivi e sociali.
Il cambio di residenza del minore (detto in gergo tecnico “rilocazione”), appartiene, infatti, a quelle decisioni di maggior interesse che i genitori hanno il dovere di assumere di comune accordo proprio al fine di salvaguardare il benessere della prole.
Ciò vale sia nel caso dell’affido condiviso che dell’affido esclusivo, in quanto, anche in tale caso, i genitori hanno il dovere di adottare insieme, le decisioni di maggiore interesse per i figli, tra cui quella della residenza abituale.
Infatti, anche quando la responsabilità è in capo ad un solo genitore, incontra sempre il diritto/dovere del genitore non affidatario di vigilare sull’istruzione ed educazione dei figli, con piena facoltà di rivolgersi al Giudice qualora ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
La ragione principale e intuibile è che il bambino, trasferendosi in un’altra città (in alcuni casi all’estero), subisce uno sradicamento dall’ambiente in cui è cresciuto sino a quel momento e perde il più delle volte, il contatto e la frequentazione assidua con il padre, ricevendone un pregiudizio. Tuttavia ogni caso va valutato a parte e anche la giurisprudenza non è univoca nelle sue decisioni.
Dunque può succedere ad esempio il caso della madre separata, alla quale sia stato affidato prevalentemente il figlio minore (detta genitore collocatario), che desideri trasferirsi in un’altra città o per riavvicinarsi alla famiglia di origine o perché pensa di avere più opportunità lavorative.
Questa decisione deve essere oggetto di un’apposita valutazione da parte dal Giudice perché non deve mai essere presa senza considerare l’interesse del minore.
In particolare, il Tribunale di Milano ha fissato 8 criteri (con ordinanza del 12 agosto 2014), che devono guidare il Giudice nella decisione e precisamente:
- la motivazione del trasferimento (che non sia frutto di una scelta egoistica);
- i riflessi del trasferimento sui tempi e le modalità di frequentazione dei figli (e la realistica possibilità di conservazione dei rapporti con l’altro genitore senza che sia costretto a stravolgere le proprie abitudini di vita )
- disponibilità dell’altro genitore a trasferirsi vicino al luogo dove andrà il bambino;
- se il trasferimento interferisca con la possibilità di frequentare anche altre importanti figure di riferimento parentali e familiari;
- l’impatto del trasferimento sulla esigenza di stabilità ambientale, emotiva, psicologica e di relazione del minore (no a trasferimenti provvisori);
- il giudice deve valutare le caratteristiche dell’ambiente sociale e familiare in cui il genitore collocatario intende trasferirsi;
- l’età del bambino (se molto piccolo può subire un maggior danno);
- la volontà del minore, se possibile ascoltandolo.
Dunque quando uno dei genitori desideri trasferirsi insieme al figlio, dovrà presentare una domanda al fine di ottenere l’autorizzazione alla “rilocazione” del minore tramite la modifica delle condizioni della separazione, del divorzio o dei provvedimenti assunti riguardo a minori nati fuori dal matrimonio.
La medesima domanda potrà essere presentata anche dal genitore che, conoscendo l’intenzione dell’ex di attuare il cambio di residenza del figlio, voglia appunto impedirlo.
Ciascun genitore potrà ovviamente opporsi a tale richiesta motivando le ragioni del dissenso.
La Giurisprudenza come già detto non ha un indirizzo univoco sul punto, se non quello del preminente interesse del figlio e valuta caso per caso, se il cambio di residenza del minore possa essere pregiudizievole o meno.
La Cassazione, in una sentenza del 14 settembre 2016, n.18087 , ha ritenuto di autorizzare il trasferimento della madre con i figli in quanto, dall’istruttoria, non erano emerse ragioni per derogare al criterio della maternal preference. Nel caso di specie, era stato escluso che la scelta della madre di una sede di lavoro lontana fosse giustificata dalla volontà di separare i figli dal padre e si era, altresì, verificato che i figli, pur lasciando il loro ambiente, si sarebbero così avvicinati ai cugini, figli della sorella della madre, dunque avrebbero avuto dei benefici anche a livello familiare.
Di segno opposto è stata invece la pronuncia del Tribunale di Ancona che, con un’ordinanza del 21/06/2017, n.3358, ha respinto l’istanza della madre, collocataria di due figli minori, a trasferire la propria residenza per motivi di lavoro, ritenendo che la decisione della donna di trasferirsi, non tenesse conto delle esigenze dei bambini, ma fosse dettata esclusivamente da esigenze personali. Sostenendo in più che la madre avrebbe in quel modo privato i figli “di quella presenza continuativa e di quel sostegno che solo un padre che vive nella stessa città può dare” e precisando che “la figura del padre appare necessaria alla crescita dei minori quanto quella della madre, come ormai psicologi e neuropsichiatri e psicologi dell’età infantile riconoscono”.
Totalmente diversi sono i casi invece in cui vi siano specifiche necessità terapeutiche del minore. In tali circostanze, ovviamente, viene ritenuta più opportuna la permanenza nell’attuale luogo di residenza laddove questo consenta al bambino di proseguire le cure, a meno che, considerati anche tutti gli altri fattori (salvaguardia delle relazioni affettive, inserimento nel nuovo contesto ecc.), il luogo di destinazione non offra migliori opportunità di cura al bambino.
Oppure i casi in cui il trasferimento del genitore non sia una libera scelta, ma sia necessario per motivi di lavoro per un’attività già in essere, la giurisprudenza preferisce autorizzare il mutamento di residenza del bambino rimodulando il calendario di visite, piuttosto che determinare di fatto il necessario inserimento nel nucleo familiare dell’altro genitore.
Quando invece si agisce senza consenso dell’altro genitore né autorizzazione del Giudice cosa succede?
Nell’ipotesi estrema in cui un genitore, senza aver ottenuto il consenso dell’altro, trasferisca altrove la residenza insieme al figlio minore, si avrà violazione dei principi fondamentali in materia di affidamento e dunque un atto illegittimo.
Il genitore che sia stato forzatamente allontanato dal figlio potrà, in primis, rivolgersi al Giudice del luogo di residenza del minore affinché assuma gli opportuni provvedimenti a riguardo. L’allontanamento arbitrario, costituisce una grave inadempienza a seguito della quale il Giudice potrà decidere di:– modificare i provvedimenti in vigore, anche tramite un’inversione dell’affidamento e/o collocamento dei figli (in favore del genitore ingiustamente allontanato dalla prole) e, nei casi più gravi dichiarare la decadenza dalla responsabilità genitoriale: ammonire il genitore inadempiente; disporre a carico di quest’ultimo un risarcimento sia nei confronti del genitore leso che della prole; sanzionare il genitore con un’ammenda.
Ci sono poi situazioni in cui il trasferimento di residenza, attuato da uno dei due genitori (in genere, ma non necessariamente, quello presso cui sono collocati i figli in modo prevalente) in modo arbitrario (se non a volte anche in modo ingannevole) può essere punito penalmente.
Nell’ambito dei delitti contro l’assistenza familiare, il codice penale infatti disciplina una serie di figure di reato che si caratterizzano proprio per la condotta della sottrazione di minore al genitore che ne esercita la responsabilità genitoriale (entrambi, quindi, nei casi più frequenti in cui l’affido è condiviso).
Le norme, nello specifico puniscono chiunque (e quindi anche uno dei genitori) sottrae un minore al genitore esercente la responsabilità su quest’ultimo: portandolo via con sé in modo da allontanarlo dal domicilio stabilito, o anche trattenendolo presso di sé per un periodo di tempo significativo.
La legge, infatti, vuole tutelare: da un lato il diritto del genitore alla libera e piena esplicazione della funzione genitoriale e dall’altro quello del bambino a veder garantito il suo interesse a ricevere le cure e l’educazione da parte di entrambi i genitori.
Viene punita, pertanto, la condotta che abbia l’effetto di impedire all’altro genitore di poter attuare le diverse manifestazioni connesse al proprio ruolo, quali le attività di cura e assistenza dei figli, la vicinanza affettiva, la funzione educativa.
Inoltre tale condotta può subire in sede penale una doppia condanna perché, se operata quando già esiste un provvedimento del tribunale che disciplina la collocazione e l’affidamento dei figli, il genitore inadempiente potrà rispondere contestualmente del diverso reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
Avv. Serena Degli Albizi
Separazione: il trasferimento di residenza del minore insieme al genitore collocatario, quando è possibile?