L’INTERSOGGETTIVITA’
Nello sviluppo tipico infantile vi è la capacità spontanea di riferirsi a un’altra persona; tale capacità è data da un insieme di comportamenti sociali che vengono racchiusi nel concetto di “intersoggettività”. Il termine non si riferisce solo ai singoli comportamenti, ma a un insieme ben coordinato di atti motori, percettivi, cognitivi ed emotivi che si osserva, normalmente, nello sviluppo infantile.
L’intersoggettività primaria (i primi 7-9 mesi)
Dalla nascita ai 7-9 mesi il bambino vive una serie di esperienze che vedono come protagonista il binomio mamma-bambino. La relazione che si viene a creare tra questa coppia rappresenta un’esperienza intersoggettiva primaria. In questo periodo il bambino scopre il proprio corpo e la realtà che lo circonda, opera sugli oggetti e scopre le proprie influenze su di essi; parallelamente scopre che anche la mamma è un “oggetto” particolarmente interessante a cui lui stesso è orientato e su cui è possibile influire. La mamma non solo accudisce il bambino, offrendo cure e protezione, ma offre anche numerosi stimoli e possibilità di nuove esperienze che portano il bambino a sviluppare altre abilità e competenze. Affinchè si sviluppi l’intersoggettività primaria il bambino deve possedere alcune importanti abilità,quali: orientamento (capacità di orientarsi e reagire agli stimoli e di selezionarli); attivazione (capacità di attivarsi sia fisicamente che emotivamente); attenzione; interesse per il viso umano (nel bambino c’è predisposizione a riconoscere come rilevanti gli stimoli provenienti dal viso umano, particolarmente quello della mamma); alternanza dei turni (alternanza di turno nello scambio con la mamma di sguardi,sorrisi e suoni); integrazione delle diverse modalità sensoriali. Verso i 7-9 mesi, tutte queste capacità si consolidano: il bambino mostra una sempre maggiore capacità di attirare l’attenzione, i suoni diventano sempre più codificati, anticipa la comparsa della mamma e le sue azioni, diventa sempre più interessato a ciò che la mamma fa e prova a imitarne i gesti. In questo periodo il bambino diviene più autonomo negli spostamenti e la relazione con il care-giver varia, si modifica. Lo scambio di gesti e la ricerca della relazione con il care-giver deve derivare da una forte motivazione da parte del bambino, il quale è spinto in maniera innata a ricercare l’altro.
L’intersoggettività secondaria (9-18 mesi)
In questa fase il bambino diventa sempre più indipendente negli spostamenti e compaiono le prime parole, allo stesso modo acquisisce nuove capacità relazionali. Adesso il bambino sfrutta quanto appreso e sperimentato durante l’intersoggettività primaria con il care-giver per relazionarsi con gli altri: nonni, fratelli, baby-sitter, ecc. Il bambino è spinto a rivolgersi all’altro per comunicare con lui, fargli vedere qualcosa e esprimergli quello che prova. Ora il bambino sperimenta scambi a tre, ovvero la cosiddetta “triangolazione”: bambino – l’altro – un oggetto; il bambino guarda un oggetto, poi l’altra persona al fine di condividere. In questo periodo il bambino indica con il dito qualcosa/qualcuno, segue con lo sguardo il dito dell’altro, indica per chiedere e per mostrare, per vedere la reazione emotiva dell’altro e per nominare l’oggetto. In questo modo, si sviluppa la capacità di guardare una cosa, poi di guardare se l’altro sta guardando la stessa cosa; di fare una cosa e guardare se l’altro l’ha visto e cosa ne pensa.
Fanno parte dell’intersoggettività secondaria i seguenti comportamenti:
- Attenzione congiunta: alternare il proprio sguardo fra la cosa che si sta osservando e l’altro; seguire con lo sguardo l’indicazione dell’altro; guardare nella stessa direzione in cui guarda l’altro; indicare per mostrare o chiedere “cos’è?”.
- Imitazione
- Emozione congiunta: ridere insieme all’altro in risposta alla stessa situazione; rispondere con un’emozione al comportamento dell’altro; cogliere l’emozione dell’altro e adattare ad essa la propria emozione.
- Intenzione congiunta: riconoscere il volere che è condiviso tra i soggetti; riconoscere il proprio volere che può essere uguale o diverso da quello dell’altro.
- Scambio di turni: alternanza dei turni conversazionali, di gioco ecc.
Nei bambini con un Disturbo dello Spettro Autistico queste competenze di interazione sociale sono compromesse. Per approfondire la tematica, consiglio la lettura del libro “Gioco e interazione sociale nell’autismo” di Cesarina Xaiz e Enrico Micheli (Erickson), da cui ho preso spunto. Viene approfondito lo sviluppo dell’intersoggettività e si pone il focus sui Disturbi dello Spettro Autistico, in cui tali comportamenti sociali risultano fortemente compromessi.
Giulia Franchesci – Neuropsicomotricista