Le vacanze delle Mamme
Avete presente il famoso cubo di Rubik? Quel poliedro infernale che quando tu credi di aver quasi risolto ti salta fuori un cubetto che ti sfasa tutto? Ecco. Le vacanze della mamme sono più o meno così: un incastro con l’imprevisto dietro l’angolo e un po’ di c…ehmm.. di fortuna necessaria. Ma andiamo con ordine.
Partiamo dal momento della prenotazione, quando tutte giulive e fiduciose, e dopo aver discusso sulla destinazione all’incirca da gennaio a marzo rischiando una guerra civile, cerchiamo un hotel che abbia più o meno di tutto, dalla spiaggia/sentieri, vicino alla struttura, alla piscina, al mini club, buon cibo ed economico. L’Eldorado insomma. Solo che poi alla vista dei prezzi, tra l’opzione di donare un rene o ridimensionare le richieste, scegliamo coraggiosamente di tenerci tutti i nostri organi e decidiamo che basterà un bilocale al quarto piano senza ascensore. Ma almeno avremo libertà di movimento e andremo sicuramente fuori a mangiare. Ovvio. E poi la parola imperante sarà RIPOSO. Per gli altri, ma “lo scopriremo solo vivendo” cit. Lucio Battisti.
Comunque, dopo aver guardato un tutorial su come preparare la valigia perfetta, arriva appunto il momento dei bagagli, che come è cosa nota, è semplice semplice, soprattutto se hai anche figlie femmine. Alla fine opti per mettere le ruote all’armadio e stop.
Arriva il giorno del viaggio, che tu hai organizzato nei minimi particolari per tenere occupati i mostriciattoli… album da colorare, pupazzetti e bamboline, musica rilassante, merendine e acqua, salvo poi ritrovarti a cercare un maledettissimo elastico in borsa, senza il quale pare non possano vivere, e cantare a perdifiato la stessa canzoncina per tutto il tempo, che ti causerà un polipo alle corde vocali, ma pazienza. Tanto noi mamme ci facciamo capire anche con uno sguardo.
Arrivati a destinazione, ignorando il colorito verdastro che impera sulla tua faccia, giunge il momento di disfare le valigie e qui ci sono due opzioni: riporre tutto perfettamente negli armadi o lasciare le valigie/armadio chiuse e aprirle di volta in volta. Ma qualunque sia la scelta, una cosa accomuna tutte le madri: i figli chiederanno l’unica mutandina, canotta, pantalone, gioco, che tu hai lasciato a casa. Il che causerà un capriccio senza precedenti! Ma da lì, dopo la minaccia del rientro immediato e del successivo collegio, la strada è tutta in discesa! Ci si divertirà e rilasserà.
E, al suono mentale delle trombe, incremati e scivolosi come un’anguilla e carichi come muli tra giochi e borse varie, ma felici, ecco finalmente l’arrivo in spiaggia, sotto l’ombrellone. E il lettino che ti aspetta e pare guardarti, con un sorriso beffardo, come a volerti dire: non mi avrai, che ti credi!
Ma tu, che ami le sfide, ci devi provare, perciò, sicura di te, tiri fuori secchielli, palette, e pure una gru vera, e, nella speranza di poterti rilassare un pochino, preghi che il tutto possa bastare per almeno una decina di minuti. Ti sdrai, tiri fuori un giornale e riesci anche ad aprirlo, addirittura, e tanto ti basta per illuderti che forse quei dieci minuti riuscirai a goderteli. Ma ecco che dopo esattamente trenta secondi, scatta il primo “ mamma giochi con me?”, ma tu hai la risposta pronta eh…non scherziamo.. “ chiedi a tuo padre e io arrivo tra poco, amore di mamma?”…”ma io volevo teeee….daaaiiiiii…..ti prego! Dopo ti lascio stare” … “dopo” probabilmente inteso come i 18 anni di età, ma vabbè… addio giornale e addio lettino, che, giuri, ti sembra di sentire sghignazzare: te lo avevo detto!
Ma in fondo giocare, fare il bagno, giocare ancora, portarli in bagno 20 volte, e guardarli contendersi l’unica altalena della spiaggia con gli altri bimbi, sotto il sole, è piacevolmente istruttivo. Impari ad esempio il fenomeno della combustione umana. Per dire.
Ma, badate bene, che ad un certo punto, arriva il momento in cui il campo gravitazionale cambia, si inclina, non so come si modifica e accade un miracolo: Il papà si eleva a Dio della misericordia e ti dà il cambio. Chiedendo pure: “Vuoi che stia io qui con la prole?”. Ma che domande sono! Ovvio! E tu, veloce come Bolt, ti catapulti sul lettino, riprendi il giornale, e ti godi ogni cellula epiteliale che viene a contatto con l’asciugamano.
E ti appisoli anche un momento, quando, proprio mentre stavi sognando di trovarti alle Maldive, DA SOLA, in un corpo da urlo e con un mojito in mano, senti una voce maschile che ti ridesta: “Oddio ho perso il bambino!” Come? Non può essere che colui che parla sia lo stesso uomo che ha donato il 50% di DNA ai tuoi figli. Non dopo appena 10 minuti da solo con loro. E invece sì. Così ti ritrovi a cercare il tuo nano come Gargamella cerca i puffi. Per fortuna lo vedi dopo circa dieci secondi di ricerche, sotto un ombrellone non tuo, che gioca tranquillamente con un altro bimbo… o nel bagno a fianco, dove era andato alla ricerca di un’altalena libera. E tu, dopo aver lavorato su te stessa con un profondo investimento umano, per non urlare alla tua discendenza e a suo padre, cerchi di spiegare con calma e chiarezza che non bisogna allontanarsi e che la prossima volta verrà dichiarato adottabile. Ecco.
Alla fine della giornata, sarai divisa tra renderti irreperibile per il resto della vacanza o immolarti alla causa e resistere, fingendo ogni tanto solo qualche lieve malore, che ti giustifichi nel caso avessi voglia di sparire in appartamento da sola.
Ad ogni modo, tra un tuffo, una passeggiata per raccogliere conchiglie, un paio di castelli di sabbia e la tua schiena già ustionata, arriva il rientro e qui ci si possono presentare un paio di situazioni: i mostriciattoli hanno una fame da lupo e sei in appartamento, oppure i mostriciattoli hanno una fame da lupo e sei in hotel. In ogni caso non potranno cibarsi nell’immediato e quindi ripeteranno “ho fame” in loop. Durante la doccia, durante la vestizione e durante il procedimento del doposole. Arriverai ad una vicinanza spiritica mai provata prima, con l’anima di un serial killer. E lì, il secondo miracolo della giornata: il papà, già in deficit di un episodio di disattenzione, ti dice che porta i figli a fare due passi finché il ristorante non apre…oppure che va a prendere una pizza, mentre tu ti prepari con calma. Quanta magnanimità. Così tu ti concedi anche il lusso di darti il doposole e mentre sei in mutande, mezza incremata e dopo aver preso un oki per l’emicrania, visto che assieme ai vestiti hai portato anche la farmacia comunale, fa un rientro inaspettato l’allegra brigata. Perché qualcuno si sarà macchiato con un succo di frutta, preso nonostante l’ora di cena, o sarà caduto, piangendo calde lacrime che solo le carezze di mamma sapranno placare. Sia come sia, tu ovviamente avrai mezzo corpo incremato e mezzo no, ma pazienza. Dovrai correre ai ripari.
In qualche modo si riesce comunque a cenare. E poi… poi nulla.. si depongono le armi e si crolla. Gli occhi si chiudono, già con i sogni pronti a fare capolino ad allietare il riposo del guerriero. Finalmente.
E tu pure ti arrendi a Morfeo, sperando che ti riporti alle Maldive.. da sola… tanto sai che il giorno dopo ti ritroverai con manine mollicce e baci umidi che ti sveglieranno e al massimo andrai solo in bagno da sola e non è neanche detto.. ma… la verità è che non cambieresti mai la tua vacanza caotica, riposante “domani”, e imprevedibile, con una noiosissima vacanza da sola. Alle Maldive. Con un cocktail in mano e su un lettino.
Ok forse giusto una volta nella vita magari.
Erika Perazzani